La focaccia di Varigotti

Varigotti (SV) – Zia Franca nel 1955 (Copyright Racconti di Pane)

E’ un aprile caldo a Varigotti, quello del 1955.

Franca indossa un costume bianco, intero, ravvivato da grandi fiori tropicali rossi stampati sul corpetto arricciato e sui volant. I capelli biondi, ondulati, sono raccolti in uno chignon che lascia intravedere i piccoli orecchini di perle e fa risplendere gli occhi azzurri. Franca ha 24 anni ed è bellissima. Talmente bella, con quel fascino nordico, che sembra una dei tanti turisti tedeschi che affollano la Riviera nei mesi estivi. Talmente bella, che le hanno chiesto di posare per un servizio fotografico pubblicitario. Lei si è prestata, per amicizia di Lucia, e quella mattina di inizio aprile si è alzata presto per prepararsi a posare, sulla spiaggia, nelle ore meno calde e con la prima luce del mattino. È abituata ad alzarsi molto presto ma quella mattina, anziché mettersi subito al lavoro, si è concessa un momento di vanità e di meritata celebrazione della sua bellezza fresca, della sua femminilità, da sempre soffocata dal senso del dovere e da una vita di sacrifici. È stata Lucia a chiederle la cortesia di fare la modella per un giorno. Tra qualche mese Lucia partorirà il suo primogenito e non può certo prestarsi lei all’obiettivo del fotografo per pubblicizzare l’inaugurazione dello stabilimento balneare di suo marito, il giovane Pietro, e dei suoi suoceri.

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Lucia è stata la prima ragazza che Franca ha conosciuto quando si è trasferita a Varigotti l’anno precedente. Stanca del lavoro di operaia a Pavia, Franca aveva deciso di dare una svolta alla sua vita. Da ragazza, appena maggiorenne, aveva preso in gestione un bar a Milano insieme alla sua amica Tina e per tre anni aveva trasformato una piccola bottega di quartiere in un angolo di casa, dove gli impiegati degli uffici vicini andavano in pausa pranzo a gustarei piatti casalinghi che Franca cucinava per loro così come aveva imparato a fare dalla mamma Irma. Dopo la improvvisa morte del padre, Franca era tornata a Pavia per stare vicina a Irma e aveva trovato lavoro in una delle tante fabbriche che all’epoca rendevano la mia – la nostra – città uno dei centri produttivi più importanti della Lombardia. Franca e Irma erano due donne sole ora, destinate ad un futuro di lavoro e di scarsa interazione sociale. Ma Franca non voleva che la sua vita avesse il sapore dei lunghi inverni rigidi della campagna pavese, delle giornate in fabbrica sempre uguali ed alienanti. Per cui decise di fare un salto nel buio e convinse la madre a sostenerla in quella sfida che stava lanciando al destino. Unite come una cosa sola, le due donne hanno lasciato il piccolo comune lombardo in cui erano cresciute per trasferirsi in un paese ancora più piccolo ma che per loro sarebbe diventato il mondo intero. Decisero di prendere in gestione una piccola pensione a Varigotti, che poi acquistarono: la pensione Angelina. Non cambiarono il nome dell’albergo. Chissà, forse Angelina era una donna coraggiosa e anticonformista proprio come loro.

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Tra pochi giorni è Pasqua e ai Bagni Nettuno fervono i preparativi per l’inaugurazione dello stabilimento che sarà il 10, proprio il giorno di Pasqua. Gli Arnaldi, i proprietari, sono ambiziosi e determinati a far concorrenza all’unico altro stabilimento balneare in concessione, quello annesso al Grand Hotel Moderno. Rosa e Luigino sono abili commercianti ma per il figlio Pietro sognano qualcosa in più di una bottega di frutta e verdura. Pietro è stato bambino durante la guerra, ha sofferto molto ed ha vinto anche una brutta malattia che minacciava di portarlo via per sempre. È un ragazzo forte, volenteroso – come lo descrive la giovane moglie Lucia – e merita un’occasione. Di certo la famiglia Arnaldi non ha le stesse risorse dei proprietari del Moderno, l’albergo più elegante del paese, frequentato da turisti con auto sportive e abiti alla moda che di sera sorseggiano Martini sulla terrazza affacciata sul mare. Non sono ricchi ma sanno fare sacrifici, investire e risparmiare. Sono ancora più motivati ora che sta per arrivare il nipotino. A lui vogliono dare tutto ciò che loro non hanno potuto avere nella loro vita a cavallo tra due guerre. I futuri nonni hanno investito i loro risparmi per rilevare la concessione balneare. Luigino e il figlio Pietro hanno costruito la struttura in legno che ospiterà il bar e le cabine, hanno piantato le file di ombrelloni e posizionato tutte le sedie colorate pronte ad accogliere i primi bagnanti. Pietro ha ereditato lo spirito imprenditoriale del padre, ravvivato dall’entusiasmo di una mente giovane ed aperta al futuro. Pietro ha capito che di lì a poco sarebbero sorti molti altri stabilimenti lungo i due kilometri di spiaggia di Varigotti, la più bella spiaggia di Ponente. Sa di doversi distinguere, di dover offrire qualcosa in più rispetto ai concorrenti. Per questo ha preparato lo spazio per la pista di bocce, ha ordinato un juke-box che arriverà a breve e offrirà ai suoi clienti la lettura libera dei quotidiani locali e nazionali. Mentre i Moderno saranno i bagni dei turisti più abbienti, i Nettuno saranno quelli di tutti, della gente comune, degli operai, degli impiegati, delle famiglie comuni. Pietro vuole partire in grande e ha organizzato una festa per l’inaugurazione proprio il giorno di Pasqua, per l’apertura della stagione turistica. Ci sarà musica quel giorno e un rinfresco offerto agli ospiti, con focaccia, acciughe, capperi e vermentino delle colline appena sopra Varigotti. Su consiglio della moglie Lucia, ha deciso di stampare dei cartelli pubblicitari e dei volantini per promuovere l’inaugurazione: tutti devono sapere che il 10 aprile nasceranno i Bagni Nettuno.

Ed è proprio per quei volantini che Lucia ha chiesto all’amica Franca di sorridere davanti all’obiettivo di Enrico – un giovane fotografo di Genova che in estate fa la posta ai personaggi famosi in vacanza in Liguria per vendere poi gli scatti rubati alle riviste di moda e costume. Franca non è una modella professionista né un’attrice, ma incarna la bellezza autentica delle ragazze semplici, quelle che di lì a poco avrebbero popolato i Bagni Nettuno insieme alle loro famiglie e avrebbero portato lì anche i loro figli, per generazioni.

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In una di quelle foto, Franca è incastonata, come un diamante, in un equilibrio di luci e di ombre. Cela timidamente l’imbarazzo dietro ad un sorriso. Come una Venere, si staglia con tutta la sua grazia, abbracciata dal sole del mattino. Ai suoi piedi non c’è una conchiglia ma un salvagente con il logo dei Bagni Nettuno, rimasto invariato da allora. Alle sue spalle si scorge la struttura di legno ancora in costruzione. Mi immagino Pietro con la fronte bagnata di sudore, aiutato dal papà Luigino, che in quel momento sospende il battere del martello sui chiodi per non disturbare lo scatto fotografico e poi prosegue, subito dopo il clic, a fabbricare il capanno, le cabine, e il suo futuro insieme a loro.

I Bagni Nettuno a Varigotti (SV) oggi – Copyright Bagni Nettuno

Subito dopo quella mattinata davanti al bagliore dell’obiettivo, Franca è tornata di fretta a casa, ad aiutare la madre Irma. Anche loro il 10 riapriranno le porte della Pensione Angelina e daranno il benvenuto ai clienti abituali, italiani e stranieri, alle giovani coppie con bambini festosi che di sera si mettono in fila in attesa del gelato di nonna Irma. La Pensione Angelina ha il calore di una casa. Franca e Irma la gestiscono tutta da sole, con l’aiuto di una collaboratrice solo nei mesi di alta stagione. Irma si occupa delle pulizie e del bucato mentre Franca prepara la colazione e due pasti al giorno per tutti gli ospiti della pensione che, nei mesi caldi, arrivano ad essere una sessantina. È una cuoca eccezionale che cucina per i suoi ospiti con la stessa cura, passione e qualità che riserva ai familiari. Uno degli aspetti più apprezzati dell’Angelina è proprio il cibo.

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Franca è mia zia e Irma era la mia bisnonna.
Ho ritrovato i bellissimi scatti in bianco e nero in una scatola, nella sua casa di Varigotti dove adesso ho la possibilità di trascorrere gran parte dei mesi estivi. Zia Franca, che in realtà è la zia di mio padre, questo maggio spegnerà 90 candeline. Non lo farà nella sua Varigotti, che per lei è ormai un luogo lontano che si confonde nella nebbia dei ricordi. Da qualche anno vive vicino ai miei genitori, nel pavese.

Grazie a lei e a nonna Irma, che è mancata quando ero adolescente, ho conosciuto per la prima volta il mare. Avevo 2 anni quando ho immerso i piedini nell’acqua di Varigotti, il mio primo contatto con il mare.
A casa loro ho imparato a mangiare – e ad amare – il pesce e grazie a zio Renzo, che Franca ha sposato nel 1976, ho avuto la rivelazione delle specialità piemontesi, dalla bagna causa al fritto misto, e in particolare del Dolcetto e del Nebbiolo. Nato a Dogliani, si era trasferito a Varigotti dopo la guerra per rilevare proprio l’Hotel Moderno. Lì conobbe Franca e dopo un lunghissimo fidanzamento si sono sposati poco prima che io nascessi.

Copyright: Andrea Tomatis, Gulliver.it, Racconti di Pane

Varigotti è un gioiello assoluto. Ha dato i natali al regista Renato Castellani, ha ispirato la creatività di Hemingway, di Cesare Pavese, di Camillo Sbarbaro e di Gina Lagorio, che ha ambientato alcuni dei suoi romanzi proprio nei dedali di viuzze e piazzette dell’antico Borgo Saraceno con le casette colorate sulla spiaggia.
Ancora oggi, per me Varigotti è sinonimo di mare ed è il mio posto del cuore, dove mi rifugio ogni volta che posso per inebriarmi di bellezza e di poesia. Di Varigotti amo tutto e nonostante conosca ormai ogni stradina come le mie tasche, ogni volta vengo colpita da qualche particolare che non avevo notato prima. È suggestiva la sua posizione, a ridosso delle montagne: si passa dalla spiaggia alla montagna senza neppure attraversare una strada. Dal Borgo Saraceno si sale lungo il sentiero acciottolato fino alla chiesa di San Lorenzo patrono, arroccata su un promontorio che domina la baia, da cui si vedono sia Varigotti sia la vicina Noli. Un percorso panoramico mozzafiato collega i due paesi ed è stupendo prendersi una pausa dai bagni sulla spiaggia per fare trekking lungo il sentiero del Pellegrino, passando per la grotta dei Briganti – una vera e propria finestra sul mare.
La spiaggia di Varigotti è la più spaziosa della riviera di Ponente. Sassolini fini si tuffano in un’acqua fresca e profonda, spesso bandiera blu.
Oltre alle sue bellezze naturali, ciò che apprezzo di più di Varigotti è la sua atmosfera tranquilla, lontana dal turismo di massa, un po’ esclusiva senza essere altezzosa. E’ il posto ideale per riposare, per allontanarsi dalla frenesia e dedicarsi a lunghe passeggiate sulla spiaggia o in montagna, ai bagni, alla fotografia, allo sport e, ovviamente, anche alla buona cucina. Sono molti i ristorantini sul mare in cui si mangia dell’ottimo pesce, ma la regina indiscussa della mia tavola a Varigotti è la focaccia!

La focaccia del Panificio Cassina è unica ed inimitabile. È leggermente più spessa e più dorata rispetto alle tante focacce liguri sparse per tutta la riviera. La riconoscerei tra mille focacce, invariata da almeno mezzo secolo. È la protagonista delle mie colazioni e spesso anche dei pranzi e delle cene al mare! Ottima da sola o con salumi e formaggi. Io la adoro accompagnata ai capperi sotto sale, alle acciughe e alle olive taggiasche, per un tripudio di sapori liguri.

È impossibile rifarla altrettanto buona, nonostante abbia provato a cucinarla a casa, nei mesi invernali quando la nostalgia per il mare provoca quasi una fitta al petto. Nonostante abbia utilizzato l’olio prodotto proprio a Varigotti dalla Cantina Ruffino, il sapore e la croccantezza erano diversi. La perfezione della focaccia di Varigotti è irraggiungibile.

Se volete provare a infornare una focaccia “simile” a quella di Varigotti, provate così:

Focaccia ligure (fugassa)

Copyright Racconti di Pane

Ingredienti:

  • 500 gr di farina 0
  • 275 gr di acqua
  • 25 ml di olio extravergine di oliva
  • 10 g di lievito di birra
  • un pizzico di sale

Per la salamoia che serve a “ungere” la focaccia prima di metterla in forno, servono: 200 ml di acqua tiepida, un pizzico di sale e 70 ml di olio.

Procedimento:

Unire farina, sale e acqua in un recipiente e iniziare ad impastare. Versare quindi il lievito e continuare a impastare aggiungendo poi l’olio a filo fino ad ottenere un composto omogeneo. Formare un panetto e farlo riposare, coperto, per circa 30 minuti. Successivamente, lavorare la pasta con le mani allargandola fino ad ottenere una forma rettangolare e poi allargarla e stenderla ancora di più con l’aiuto di un matterello.

Adagiare l’impasto sulla teglia da forno precedentemente oliata e coprirla con una pellicola, facendola riposare per altri 30 minuti.

Nel frattempo, preparare la salamoia per “ungere” la focaccia prima di cuocerla miscelando insieme acqua, sale e olio. Preparare la pasta per i famosi “buchi” tipici. Versare la salamoia al centro della focaccia e poi, premere con decisione sull’impasto utilizzando i polpastrelli delle tre dita. Procedere dall’alto verso il basso coprendo tutta la superficie di buchi e di salamoia.

Fare riposare ancora l’impasto, senza coprirlo, circa un’ora e mezza, fino a che la focaccia non sarà nuovamente lievitata. Cuocere in forno a 220° per circa 20 minuti.

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