
C’era una volta una ragazza con la valigia sempre pronta. Erano anni in cui il concetto di pandemia era racchiuso solo nei libri di fantascienza e il termine coprifuoco rimandava la memoria a lontani racconti dei nonni, che narravano di fame, di tessere annonarie, di partigiani e di dignità.
In quegli anni viaggiavo molto per lavoro, con trasferte in Italia e all’estero, e appena mi era possibile fare una vacanza, partivo alla scoperta del mondo, talvolta con itinerari improvvisati, un po’ strampalati e sfiancanti dai quali rientravo stanca, provata ma immensamente felice!
In quegli anni ho realizzato, viaggiando, i miei sogni di bambina, volando dall’Oriente all’ Africa, dalla Cina all’ America Centrale passando per tutte le mete possibili in Europa.
Parlerò dei vari viaggi in altri racconti.
Oggi condivido un ricordo che in questi ultimi tempi è diventato ricorrente. Da quando mi sono vista costretta in casa, come molti, in regime di smart-working domestico, mi capita spesso di ripensare all’ultima occasione in cui ho potuto fare trasferte e lavorare all’estero. Il ricordo è particolarmente piacevole, perché in quel periodo avevo quasi una seconda casa in una città meravigliosa: Parigi.
Lavoravo come marketing manager in una multinazionale dell’informatica che aveva l’headquarter europeo a Parigi. Per oltre un semestre mi sono ritrovata a trascorrere intere settimane nella capitale francese, per la mia formazione e per i progetti internazionali ai quali lavoravo. L’azienda mi aveva messo a disposizione un piccolo appartamento nei pressi dell’ufficio a La Défense, il quartiere degli affari e dei grattacieli. Dopo tante ore trascorse su una scrivania di cristallo, in una torre di cristallo che ospitava il mio ufficio, avevo voglia del calore di un tavolino di legno e di pareti colorate di mattoni, per cui salivo veloce sulla metro, in fuga dalla modernità asettica del quartiere finanziario per immergermi nel cuore della città, con il suo fascino struggente, immutato nel tempo, poetico e romantico, oggi come ieri. Le luci della sera accompagnavano le mie passeggiate lungo la Senna e nei vicoli di Le Marais, Saint Germain des Prés e degli altri quartieri storici.
Ad accompagnarmi c’erano spesso due care amiche: un’italiana che si era trasferita lì per lavoro e una collega francese con origini italiane che amava la compagnia di chiunque le desse la possibilità di parlare la lingua dei suoi nonni. Grazie a loro ho conosciuto la Parigi vera, con i mercati, le bancarelle, i teatri e i locali frequentati solo dai parigini. Sempre grazie a loro ho conosciuto altri italiani residenti lì, tra cui il bar tender e mixologist migliore che abbia mai conosciuto, Antonio.
Simpatia travolgente, sguardo dolcissimo, velato di nostalgia ma illuminato di passione e voglia di fare. In pochi anni Antonio è diventato un imprenditore di successo, proprietario di più ristoranti nel cuore di Parigi, luoghi pieni di calore in cui si respira tutto il profumo della creatività italiana, che d’estate si aprono fino alla strada, con terrasse vivaci piene di chiacchiere e sorrisi. Luoghi che ti abbracciano e ti fanno sentire a casa, ti ridonano la tua identità orgogliosa con i sapori materni più cari. Antonio mi ha fatto sentire accolta ogni volta che sono andata a trovarlo, regalandomi tantissime risate, condividendo i suoi sogni ambiziosi, il suo profondo amore per la mamma lontana, una donna forte che gli ha fatto anche da papà e che lui porta addosso come una pelle. Penso sia proprio quella mamma preziosa ad avergli insegnato ad essere uomo presto, a cavarsela da solo, a dare tutto se stesso senza tregua, a fare sacrifici, tenere duro, combattere senza arrendersi, credendo fermamente in se stesso.
Aveva ragione la mamma di Antonio, una ragione preveggente, perché suo figlio oggi ha tagliato il traguardo e continua a sognare sempre più in grande.
Il dono più evidente di Antonio, che ho apprezzato nelle nostre conversazioni davanti ad un piatto di formaggi o a dei crostini saporiti, sorseggiando i suoi cocktail deliziosi, è la sua straordinaria umiltà. Mentre parla ti apre il suo cuore, con la spontaneità sincera di un animo puro e accoglie le tue parole come un dono, facendone tesoro. Antonio sa ascoltare e sa leggere le persone che ha di fronte. Una sera mi ha impressionata inventando un cocktail al momento apposta per me, miscelando ingredienti profumati e contrastanti: una nota di rosa e un tocco di peperoncino avvolti in un caldo velo di gin, il tutto adagiato su un bouquet di altri aromi dal sapore deciso (che non rivelo, vi invito ad andare ad assaggiarlo!). Mentre dava vita a quella pozione magica, Antonio mi descriveva il perché di quelle scelte, legando ogni ingrediente ad una mia caratteristica personale. In quel cocktail c’era il mio ritratto. Solo un profondo lettore di anime poteva descrivere una persona attraverso una bevanda. Quel cocktail l’ha chiamato Kika.
Antonio è stata una delle conoscenze più interessanti del mio tempo parigino e non vedo l’ora di poter ripartire e tornare a trovarlo nei suoi angolini di casa per riabbracciarlo ed assaporare la poesia che mette nei suoi piatti e nei suoi cocktail. Se vi capiterà di passare per Parigi, andate anche a voi a conoscerlo! Lo trovate da Amore Amaro o a La Piccola Toscana, entrambi nel 9th Arrondissement.
Ovviamente, anche a Parigi non poteva mancare la mia curiosità per il pane!
Ho visitato tante boulangerie, assaggiando tutti i tipi di baguette, di pan de mie, di fougasse e non solo… chi può resistere ai croissant, ai pain au chocolat, ai pain au raisin?! Parigi è il tripudio dei piaceri enogastronomici e il suo pensiero non può essere dissociato da quello dei vini e della cucina. D’altronde, anche Simenon non mancava mai di far entrare Maigret, durante le sue inchieste, in qualche bistrot per una birra o un panino al prosciutto. Io non mi sono limitata di certo ad un po’ di fromage e jambon… a Parigi ho mangiato e bevuto tutto ciò che ho potuto!
E non mi sono fatta mancare una capatina alla panetteria più famosa del mondo: la boulangerie Poilâne in Rue du Cherche-Midi a St Germain des Près.
Poilâne è un marchio storico, simbolo della tradizione capace di innovare restando immutata! Il suo pane iconico, rustico, con una grande P incisa come tratto distintivo, ha un sapore inconfondibile ed un profumo che si sente per tutta la via che porta alla piccola bottega storica.
Non posso esprimere la gioia che ho provato quando ho scoperto, di recente, che l’attuale proprietaria di Poilâne, la giovane Apollonia, panettiera con una laurea ad Harvard, ha registrato delle video lezioni in cui insegna l’arte bianca e svela i segreti delle sue ricette! Il corso è disponibile sulla piattaforma Masterclass, che ha il merito di avvicinare a tutti dei numeri uno, dei fuoriclasse, delle vere eccellenze in ogni ambito. Chi l’avrebbe mai pensato che sarebbe stato possibile andare virtualmente a lezione di chitarra da Santana in persona? O di cucina da Massimo Bottura, di scrittura da Margaret Atwood e di fotografia da Annie Leibovitz?! Men che meno avrei pensato di poter imparare direttamente da Apollonia Poilâne ad impastare il SUO pane rustico!
Inutile dire che è stato amore e passione a prima vista (o al primo video).
Da lei ho imparato a fare un lievito madre particolare (sourdough), che è diventato una ottima variante e alternativa del mio Carsent (il crescente, ovvero il lievito madre come quello che faceva nonna Carolina). La pasta madre Poilâne è fatta di farina bianca mischiata con farina integrale, fatte fermentare per 5 giorni e alimentate, successivamente, a giorni alterni. Ha un profumo dolce ed acidulo insieme che mi fa pensare alle spighe mature umide di pioggia. Ha proprio il profumo di grano bagnato da un acquazzone.
Il pane tondo, cotto nella cocotte di ghisa, ha un sapore eccezionale e ha il potere di trasportarti, con un solo morso, nel cuore di Parigi, seduta in un bistrot ad ascoltare il suono di una fisarmonica stonata, mentre stormi di piccioni zampettano intorno agli artisti di strada con le loro vedute della Senna impresse su tele incerte e polverose. Da lontano, tra le insegne dei bistrot e delle botteghe riesco a scorgere la sagoma di Antonio.
Ricetta
Il pane con lievito madre Poilâne

Ingredienti
- 410 gr di lievito madre Poilâne
- 550 gr di farina 00
- 450 gr di farina integrale macinata a pietra
- 650 ml acqua
- 20 gr sale
Procedimento

Sciolgo 4 gr di lievito istantaneo in un po’ di acqua presa dal totale. Sciolgo il sale in un po’ di acqua presa anch’essa dal totale. In una ciotola molto capiente impasto le farine, il lievito madre, il lievito istantaneo precedentemente disciolto in acqua e l’acqua con il sale. Impasto con le mani e quando non c’è più acqua evidente nella ciotola, finisco di impastare sulla spianatoia infarinata.
Faccio pieghe a fiore, portando l’impasto verso il centro e poi formo una palla che lascio lievitare per 45 minuti. Terminata questa prima lievitazione, faccio due pieghe all’impasto e formo una palla che lascio lievitare nel cestino per 2 ore.
Cuocio nell’adorata cocotte a 245° C (25 minuti con coperchio + 30 minuti senza)
CONSIGLIO: le quantità di questa ricetta sono abbondanti e servono cestino da lievitazione e cocotte capienti. Io ho dimezzato le dosi e ottenuto una pagnotta perfetta per la mia cocotte da 24 cm di diametro.
Parigi è una di quelle cose che,prima di manifestarsi,esistono dentro di te – Ismail Kadare
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🇫🇷 Bellissima citazione! È proprio vero… Parigi è uno stato d’animo, un’ attitudine, uno stile… non solo una città ❤️
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Eh..ne so qualcosa…mortacci mia!
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